Educazione alimentare

L’educazione alimentare dovrebbe essere impartita già nella prima età.

Il Ministero della salute riporta in primo piano un fenomeno allarmante, L’obesità infantile. L’obesità infantile è un problema di notevole rilevanza sociale. Il fenomeno, denunciato a gran voce dai più autorevoli nutrizionisti (in Italia colpisce un bambino su quattro) è il risultato di un bilancio energetico positivo protratto nel tempo; in pratica si introducono più calorie di quante se ne consumano.

Secondo uno studio americano è possibile intervenire efficacemente nella prevenzione dell’obesità infantile “giocando sulla motivazione”, ma partendo dai genitori.

Nella ricerca sono stati coinvolti oltre 90 bambini di età compresa tra i 3 e i 7 anni e i loro genitori. I bambini selezionati mostravano parametri di crescita posizionati tra 85esimo e 95esimo percentile e almeno uno dei genitori aveva un BMI superiore a 30. Lo scopo dello studio era quello di verificare quanto un intervento di primo livello (counselling) proposto dal pediatra ai genitori durante i controlli ambulatoriali potesse influenzare la perdita di peso dei bambini. I risultati dello studio sono molto incoraggianti in quanto l’intervento era minimale essendo basato essenzialmente sul rinforzo della motivazione. In termini pratici il pediatra già nel primo colloquio coi genitori esortava la famiglia a piccoli cambiamenti dello stile di vita orientati verso comportamenti più salutari. E un buon numero dei bambini coinvolti ha cominciato così a perdere peso senza grandi sacrifici dietetici. Questi risultati sono molto importanti dato che il trattamento dietetico restrittivo dell’obesità infantile è spesso rischioso e quasi sempre fallimentare. Interagendo coi genitori è dunque possibile che piccoli cambiamenti dello stile di vita dell’intera famiglia possano realizzare una prevenzione efficace e duratura.

ALIMENTAZIONE – Spesso ci preoccupiamo quando il bambino mangia poco, raramente quando mangia troppo. Se è vero che una dieta insufficiente può portare a deficit di vario tipo (proteine, calcio, ferro, vitamine ed altri nutrienti essenziali alla crescita), di contro, un introito calorico eccessivo determina, dapprima un sovrappeso del bambino e poi, nella maggioranza dei casi, una manifesta obesità.
Non dobbiamo dimenticare che un’iperalimentazione nei primi due anni di vita oltre a causare un aumento di volume delle cellule adipose (ipertrofia), determina anche un aumento del loro numero (iperplasia); da adulti, pertanto, si avrà una maggiore predisposizione all’obesità ed una difficoltà a scendere di peso o a mantenerlo nei limiti, perché sarà possibile ridurre le dimensioni delle cellule, ma non sarà possibile eliminarle. Intervenire durante l’età evolutiva è, quindi, di fondamentale importanza, perché ci dà la garanzia di risultati migliori e duraturi.
I genitori dovrebbero essere i primi ad accorgersi dell’eccessivo aumento ponderale del bambino.

Spesso però il forte appetito, che a volte si traduce in una vera e propria voracità, viene interpretato come un segnale di benessere e si tende ad incentivarlo più che a limitarlo, con l’illusione che gli evidenti chili di troppo possano scomparire con lo sviluppo. Il bambino cicciottello, poi, ispira più simpatia di uno magro, che anzi, tende a preoccupare il genitore.
Oltre a mangiare troppo, però, il bambino mangia in maniera sregolata, spesso e male. Le tentazioni sono davvero tante, il frigorifero di casa è sempre stracolmo di merendine e snack, i distributori automatici delle scuole invitano a spuntini fuori pasto, costituiti da prodotti industriali ricchi di calorie e grassi nascosti. Le bevande gassate, infine, eccessivamente zuccherine, risultano essere un piacere insostituibile, da preferire all’acqua, specie d’estate, dopo una sudata, o in occasione delle “feste” con gli amichetti.

La “cultura della corretta alimentazione” inizia dalla mamma

La consapevolezza dei danni alla salute causati da cattive abitudini alimentari nell’infanzia deve iniziare dalla famiglia.
Le indagini epidemiologiche dimostrano che molti bambini già in età prescolare e scolare incorrono in errori nutrizionali qualitativi e quantitativi che certamente non dipendono dalla loro volontà.
I comportamenti alimentari del bambino sono, infatti, decisamente influenzati dal modello culturale che caratterizza il suo contesto socio-familiare, in modo particolare dallo stile di vita, dalle abitudini alimentari, dal personale rapporto con il cibo che ha la mamma e da come vive il suo ruolo di “nutrice”: Uno stile femminile colto e attivo, ad esempio, solitamente tipico di donne che hanno una vita extradomestica impegnativa e debbono investire e organizzare al meglio il loro tempo a casa, è spesso collegato ad un approccio attento e controllato nei confronti dell’alimentazione, frequentemente inserito in un progetto complessivo di benessere e forma fisica. Uno stile femminile conservatore è quello, invece, delle tradizionali “madri di famiglia”.
La preparazione dei pasti è vissuta come un preciso dovere ed un modo attraverso il quale esprimere l’amore e l’impegno nei confronti della famiglia. L’approccio all’alimentazione di questo tipo di donna è semplice e diretto, lontano da preoccupazioni salutistiche: il cibo è nutrimento, nella scelta e preparazione è meglio seguire la tradizione ed è importante far trovare ai familiari un pasto completo, abbondante e di loro gradimento a pranzo e cena. Differente dai precedenti lo stile “giovanile”: l’alimentazione è una sfera dominata dal piacere, predomina lo sperimentalismo per cibi nuovi e insoliti consumati spesso al di fuori dell’orario canonico dei pasti, in modo disordinato e affrettato. Le scelte risentono delle suggestioni della pubblicità e del gusto di esplorare condiviso, di solito, con il gruppo degli amici. Le scelte di mamme così diverse si riflettono, naturalmente, in quello che decidono di mettere a tavola per sé e per i propri figli. La figura della madre come “responsabile acquisti”, quella cioè che decide cosa deve mangiare la famiglia, è, dunque, molto importante.

È necessario, quindi, con un’ informazione adeguata e attraverso strumenti di comunicazione efficaci, accrescere nelle madri la consapevolezza dei rischi che errate abitudini alimentari comportano per la salute, anche futura, dei figli, aiutandole a scegliere percorsi più salutari: strumenti di prevenzione, questi, sufficienti ad evitare l’insorgere già dall’infanzia di patologie gravi come l’obesità.