Ipertensione

L’ipertensione arteriosa oggi è una delle malattie maggiormente diffusa nei paesi industrializzati, spesso molti soggetti non sono a conoscenza del loro stato patologico se non prima della comparsa di un evento eclatante, ecco perché l’attenzione delle strutture informative preposte è rivolta verso delle adeguate campagne informative. L’ipertensione è una patologia caratterizzata da un aumento considerevole della pressione sanguigna con valori oltre la norma . Un individuo viene definito iperteso quando la sua pressione arteriosa sistolica o massima è superiore a 140 mmHg e quella diastolica o minima è superiore a 95 mmHg; questi valori, tuttavia, variano in continuazione, per cui prima di confermare una diagnosi d’ipertensione la pressione deve essere misurata più volte. (tabella 1)

CLASSIFICAZIONESISTOLICA (mmHg)DIASTOLICA (mmHg)
Normale<130<85
Ai limiti superiori della norma130 – 13985 – 89
Ipertensione:
Grado I (lieve)140 – 15990 – 99
Grado II (moderata)160 -179100 – 109
Grado III (grave)180 – 209110 – 119
Grado IV (molto grave)≥210≥120
Tabella 1) Valori riferiti a soggetti non trattati farmacologicamente

Esistono due tipologie d’ipertensione, quella primaria o essenziale e quella secondaria. L’ipertensione, si definisce, primaria quando si ha un rialzo abnorme della pressione sanguigna causato da fattori non identificabili. Mentre al contrario si definisce secondaria quando è possibile associare tale rialzo ad una causa ben precisa. Per quanto riguarda la prima tipologia vi sono parecchi studi in corso per cercare di individuarne le possibili cause, ma fra tutte sembra predominare quella della predisposizione genetica. Le possibili cause dell’ipertensione secondaria, invece, sono ben note, infatti fattori concomitanti e scatenanti sono: l’insufficienza renale, le malattie vascolari renali, la sindrome di Cushing, l’iperaldosteronismo, l’uso del contraccettivo orale, l’obesità. Quest’ultima è epidemiologicamente accertato che si associ all’ipertensione arteriosa, con una prevalenza tre volte superiore alla prevalenza nella popolazione normale, inoltre questo stesso rischio è presente nei bambini in età scolare. L’ipertensione è uno dei fattori di rischio dell’insorgenza della malattia aterosclerotica, per esempio: l’ictus, l’infarto del miocardio, la malattia coronarica, lo scompenso cardiaco congestizio e le malattie arteriose periferiche. Sicuramente uno dei fattori causali dell’ipertensione è l’alimentazione errata, insieme con questa vi sono tre terapie, non farmacologiche, correlate e raccomandate dalle società scientifiche che sono:

  • il calo ponderale
  • la restrizione di sodio
  • la restrizione di alcool

Nella forma primaria la “semplice restrizione dietetica” insieme all’esercizio fisico è sufficiente a diminuire i valori pressori; mentre nella forma secondaria un’adeguata dietoterapia è in grado di ridurre il quantitativo di farmaci necessari d’assumere. In merito al calo ponderale si è potuto stabilire che una diminuzione del peso corporeo medio tra i 5 e i 7 Kg può ridurre la pressione arteriosa mediamente di circa 10 – 20 mmHg, sia per la diastolica che per la sistolica, in soggetti con un sovrappeso superiore al 10% del peso ideale. Bisogna anche sottolineare che non tutti gli obesi sono ipertesi. Si è cercato di trovare le possibili cause della comparsa d’ipertensione negli obesi, fra tutte, quelle che sono risultate maggiormente attendibili sono:

  • la distribuzione del grasso viscerale;
  • la morfologia delle cellule adipose;
  • l’ipotesi su base ormonale.

La restrizione di sodio si è visto avere notevole influenza nei soggetti ipertesi e in quelli predisposti, anche se a tale restrizione rispondono “soltanto il 50 – 60%”. Sono stati, infatti, individuati alcuni fattori associati all’ipertensione che diminuiscono l’effetto della restrizione sodica, come:

  • la bassa attività della renina plasmatica, una sostanza prodotta dai reni capace di agire sull’angiotensina e quindi regolare la pressione arteriosa.
  • l’età, si è potuto stabilire che in soggetti anziani, a causa della perduta elasticità dei vasi sanguigni, il riassorbimento dei liquidi è minore.
  • la razza, infatti i soggetti di colore sono maggiormente colpiti da ipertensione e quindi necessitano di una maggiore restrizione sodica.
  • i livelli iniziali di pressione arteriosa, valori pressori molto elevati non rispondono alla riduzione di sodio, per cui si rende necessario agire tempestivamente con la terapia farmacologica e successivamente alla restrizione sodica.
  • il grado di restrizione sodica, infatti, il grado di risposta alla restrizione dipende sia dal consumo abituale e da questo dipende il grado di diminuzione apportato. Con valori di restrizione inferiori al 50 % dei valori abituali, non si è potuto notare un significativo miglioramento.

L’ipertensione arteriosa oggi è una delle malattie maggiormente diffusa nei paesi industrializzati, spesso molti soggetti non sono a conoscenza del loro stato patologico se non prima della comparsa di un evento eclatante, ecco perché l’attenzione delle strutture informative preposte è rivolta verso delle adeguate campagne informative. L’ipertensione è una patologia caratterizzata da un aumento considerevole della pressione sanguigna con valori oltre la norma . Un individuo viene definito iperteso quando la sua pressione arteriosa sistolica o massima è superiore a 140 mmHg e quella diastolica o minima è superiore a 95 mmHg; questi valori, tuttavia, variano in continuazione, per cui prima di confermare una diagnosi d’ipertensione la pressione deve essere misurata più volte. (tabella 1)

Esistono due tipologie d’ipertensione, quella primaria o essenziale e quella secondaria. L’ipertensione, si definisce, primaria quando si ha un rialzo abnorme della pressione sanguigna causato da fattori non identificabili. Mentre al contrario si definisce secondaria quando è possibile associare tale rialzo ad una causa ben precisa. Per quanto riguarda la prima tipologia vi sono parecchi studi in corso per cercare di individuarne le possibili cause, ma fra tutte sembra predominare quella della predisposizione genetica. Le possibili cause dell’ipertensione secondaria, invece, sono ben note, infatti fattori concomitanti e scatenanti sono: l’insufficienza renale, le malattie vascolari renali, la sindrome di Cushing, l’iperaldosteronismo, l’uso del contraccettivo orale, l’obesità. Quest’ultima è epidemiologicamente accertato che si associ all’ipertensione arteriosa, con una prevalenza tre volte superiore alla prevalenza nella popolazione normale, inoltre questo stesso rischio è presente nei bambini in età scolare. L’ipertensione è uno dei fattori di rischio dell’insorgenza della malattia aterosclerotica, per esempio: l’ictus, l’infarto del miocardio, la malattia coronarica, lo scompenso cardiaco congestizio e le malattie arteriose periferiche. Sicuramente uno dei fattori causali dell’ipertensione è l’alimentazione errata, insieme con questa vi sono tre terapie, non farmacologiche, correlate e raccomandate dalle società scientifiche che sono:

  • il calo ponderale
  • la restrizione di sodio
  • la restrizione di alcool

Nella forma primaria la “semplice restrizione dietetica” insieme all’esercizio fisico è sufficiente a diminuire i valori pressori; mentre nella forma secondaria un’adeguata dietoterapia è in grado di ridurre il quantitativo di farmaci necessari d’assumere. In merito al calo ponderale si è potuto stabilire che una diminuzione del peso corporeo medio tra i 5 e i 7 Kg può ridurre la pressione arteriosa mediamente di circa 10 – 20 mmHg, sia per la diastolica che per la sistolica, in soggetti con un sovrappeso superiore al 10% del peso ideale. Bisogna anche sottolineare che non tutti gli obesi sono ipertesi. Si è cercato di trovare le possibili cause della comparsa d’ipertensione negli obesi, fra tutte, quelle che sono risultate maggiormente attendibili sono:

  • la distribuzione del grasso viscerale;
  • la morfologia delle cellule adipose;
  • l’ipotesi su base ormonale.

La restrizione di sodio si è visto avere notevole influenza nei soggetti ipertesi e in quelli predisposti, anche se a tale restrizione rispondono “soltanto il 50 – 60%”. Sono stati, infatti, individuati alcuni fattori associati all’ipertensione che diminuiscono l’effetto della restrizione sodica, come:

  • la bassa attività della renina plasmatica, una sostanza prodotta dai reni capace di agire sull’angiotensina e quindi regolare la pressione arteriosa.
  • l’età, si è potuto stabilire che in soggetti anziani, a causa della perduta elasticità dei vasi sanguigni, il riassorbimento dei liquidi è minore.
  • la razza, infatti i soggetti di colore sono maggiormente colpiti da ipertensione e quindi necessitano di una maggiore restrizione sodica.
  • i livelli iniziali di pressione arteriosa, valori pressori molto elevati non rispondono alla riduzione di sodio, per cui si rende necessario agire tempestivamente con la terapia farmacologica e successivamente alla restrizione sodica.
  • il grado di restrizione sodica, infatti, il grado di risposta alla restrizione dipende sia dal consumo abituale e da questo dipende il grado di diminuzione apportato. Con valori di restrizione inferiori al 50 % dei valori abituali, non si è potuto notare un significativo miglioramento.